Excalibur, il cane ucciso dall’ignoranza e dalla paura Ebola

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Excalibur era un cane felice. Amato dai padroni che lo coccolavano da 10 anni, ma che l’ignoranza e la paura per l’Ebola l’ha strappato alla famiglia in un momento difficilissimo. Era il cane della prima vittima dell’ebola, Teresa Romero, l’infermiera spagnola contagiata dal virus mentre assisteva un malato, poi deceduto presso l’ospedale Carlo III di Madrid.

Oggi Teresa è guarita: ha sconfitto il terribile virus, ma allo stesso tempo ha appreso una triste verità. Il suo amato Excalibur è morto, ucciso dalle istituzioni spagnole che, in preda al panico, hanno condannato a morte il povero cane, dopo una serie di errori e incompetenze nella gestione dell’emergenza sanitaria. Queste sono le ragioni della morte di Excalibur: ucciso dall’ignoranza e dalla paura.

Teresa, dopo aver assistito il malato aveva comunicato all’ospedale di avere qualche linea di febbre, ma i responsabili della struttura le hanno risposto di non preoccuparsi che sicuramente non era il terribile virus il cui segnale è una temperatura di 38,7 gradi. L’hanno rimandata a casa e Teresa, per una settimana, è stata a contatto con il marito e il suo cane prima che si rendesse conto che non era una semplice febbre, ma il micidiale virus.

Sono scattati subito i meccanismi per tutelare la salute pubblica: il marito Javier è stato messo in quarantena e il cane lasciato a casa con pappe e acqua per poter sopravvivere in attesa che tornasse. E invece il padrone non è tornato, ma sono arrivate le efficienti e solerti autorità spagnole che hanno prelevato il cane e soppresso immediatamente, senza controlli, senza quarantena, affermando che era necessario.

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Malgrado Javier avesse negato l’autorizzazione per la soppressione di Excalibur, i giudici spagnoli, al pari di quelli della santa inquisizione, hanno emesso la sentenza: morte. A nulla sono valsi i pareri degli esperti statunitensi, nulla le petizioni del mondo ambientalista: 380.000 firme raccolte. Le autorità spagnole hanno portato a termine la loro bieca sentenza, illuminata dall’ ignoranza, dalla paura e dalla mancanza di rispetto per gli animali.

Non vi sono prove che gli animali domestici, cani e gatti, possano contrarre l’ebola o essere portatori sani, anzi porre in quarantena un pelosetto che è stato a contatto con il terribile virus avrebbe fornito alla scienza qualche informazione in più. Ma questo passaggio logico che richiede la scienza per aggiungere un tassello alla conoscenza sulla malattia è sconosciuto dalle autorità spagnole.

Senza quarantena, senza analisi né indagini hanno forzato il blocco che gli ambientalisti avevano posto davanti alla casa dell’infermiera per impedire la soppressione di Excalibur, lo hanno prelevato e lo hanno soppresso, negando anche in un primo momento di averlo fatto. Sono stati i giornalisti del El Mundo a comunicare che, sebbene le autorità stessero negando, che il cane era già stato soppresso.

Oggi l’infermiera è guarita e ha chiesto del suo cane. Il marito le aveva nascosto, mentre era ricoverata in ospedale, che nel frattempo i solerti giudici spagnoli le avevano ucciso il suo amato Excalibur per ignoranza e paura dell’ebola.

Qualche giorno fa, Javier Limon, il marito di Teresa aveva divulgato una straziante lettera per Excalibur.

«Excalibur, ovunque tu sia, voglio che tu sappia che sarai sempre nel nostro cuore.  Ti hanno ucciso, gente cattiva e senza sentimento. Abbiamo fatto il possibile e ancora di più per salvarti. Mentre ti scrivo questa lettera, non riesco a smettere di piangere, ma sono molto orgoglioso di te perché sei stato un esempio per tutto il mondo e non sarai dimenticato facilmente (…) Anche se non sei più con noi, ti prometto che sarà fatta giustizia».

Ora Javier ha detto che la moglie Teresa sta meditando seriamente di fare causa allo Stato spagnolo, uno Stato che non vuole firmare la Convenzione europea per la tutela degli animali domestici e di affezione, che sopprime i randagi nei terribili canili “le Perreras”, a bastonate e buttati vivi nei forni crematori per 80 euro a cane. Per intascarsi tutte le 80 euro e non usano né l’anestetico, né sostanze teoricamente indolori, denotando una crudeltà di fondo degna di un paese che si diverte con la sofferenza degli animali, basti pensare alle Corride e alla terribile festa di carnevale dell’asino di Villenueva, dove il divertimento sarebbe quello di torturare per un giorno interno un povero asino e finirlo a calci e bastonate.